giovedì 23 giugno 2016

Facciamo un giro nel mondo post apocalittico (Recensione di ''Memento Collider'' dei VIRUS)

(Recensione di Memento Collider dei Virus)


Attenzione. Questo disco non è un disco facile. Non è un lavoro easy listening. Se vi volete avvicinare al suo ascolto dovete affrontarlo con una grande apertura mentale lasciando fuori i preconcetti e quello che generalmente s'intende per "musica".
Questa premessa non si basa su elementi che un ascoltatore potrebbe trovare "sgradevole" come potrebbero essere delle voci in growl o scream, nell'utilizzo della doppia cassa martellante o nelle chitarre elettriche abbinate a distorsioni che "friggono". 
No, se mettiamo le mani d'avanti è perché il sound di questo power trio norvegese si basa sulla sovrapposizione perfetta, non tanto di tre strumenti più la voce, quanto di tre ruoli assolutamente diversi e completamente riconoscibili.


Partiamo dalla base ritmica. La batteria di Einz è un esercizio di originalità che attraversa diversi generi con una grandissima facilità. E' un collage di fotografie ritmiche che finiscono per essere il sostegno di ognuna delle sei tracce che formano questo LP.

Parlando, adesso, del basso di Plenum, graditissimo ritorno di uno dei membri formatori della band, bisogna dimenticare i bassi anonimi e quasi inutili che molto spesso sono il contorno di tante band di metal estremo. 
Le tracce dello strumento a quattro corde sono onnipresenti senza mai essere invasive. Sono una cavalcata attraverso i paesaggi apocalittici, disegnati dal gruppo, lunga tre quarti d'ora. Sono abbastanza jazz da non essere metal. Sono trascinanti, cangianti, mimetiche, ipnotiche e ripetitive per poi, improvvisamente, essere esplosive.

Sopra a questa base la chitarra di Czral, leader, cantante e coautore dei testi, avrebbe avuto vita facile, ma questo vantaggio non viene sfruttato. Non ci sarebbe gusto nel essere banali, nel suonare pochi accordi, riff collaudati e power chord pesanti. Molto meglio immaginare come riempire di sfumature quella tela usando pennellate costruite con arpeggi dissonanti effettati quanto basta. Basta pensare che, anche se ormai parlare di metal è parlare di tutto e di nulla, soltanto in un unico assolo presente in una sola canzone del disco, si intravede qualche distorsione sulla chitarra.

Insomma, la sfida giocata e vinta dai cari Virus è tutto tranne banale. Con solo tre strumenti suonati impeccabilmente, ricreano un mondo sonoro unico che potrebbe prescindere perfettamente dalla voce. Ma lì abbiamo un altro colpo di genio. In che modo un cantante potrebbe completare e chiudere questo cerchio? Aggiungendo l'aspetto onirico e cantando in un modo che sembra più una declamazione che una costruzione di linee melodiche. 
Il buon Czral aveva le idee molto chiare su quello che doveva essere questo lavoro, e sapeva che per costruire un capolavoro le illuminazioni, avvolte, vengono dall'esterno. Per quello si è affidato alla scrittura dei testi collaborando con Johannah Henderson, una scrittrice inglese che è riuscita a far combaciare i pezzi del puzzle di idee del cantante norvegese.

Potremmo parlare delle tracce singolarmente, cercar di spiegarle e definirle ma è un lavoro inutile perché, anche se abbiamo detto che non è un disco facile, quando si riesce ad attraversare il portale che conduce al mondo dei Virus, è difficile mettere pausa fino a che la sesta traccia arriva alla fine. Forse, come esercizio di vanità, possiamo segnalare quali sono i brani che più si sono impressi nella nostra testa, e sono i due estremi del disco: La prima traccia Afield, la più lunga del intero lavoro. Un viaggio sonoro e lirico che fa capire che i cinque anni di attesa, per ascoltare nuovo materiale,sono valsi la pena. Poi c'è Phantom Oil Slick, canzone che percorre una strada tribale, rustica e senza tempo.

Forse ci sono tante altre cose che potrebbero essere dette. Potremmo raccontare chi è Czral e qual'è la sua importanza nella musica estrema norvegese, potremmo soffermarci sul gruppo anteriore ai Virus, gli incredibili Ved Buens Ende, ma non lo faremo. Il motivo per il quale non lo faremo è perché Memento Collider è un disco da ascoltare con la curiosità di un bambino in modo da meravigliarsi senza essersi aspettati nulla. 

In questo primo semestre del 2016 è, senz'altro, il miglior disco che ci è giunto tra le mani. Buon ascolto.

Voto: 9/10
Virus - Memento Collider
Karisma Records
Uscita 3.06.2016


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