domenica 31 dicembre 2017

Pissboiler - In the Lair of Lucid Nightmares: tutti i colori del buio

(Recensione di In the Lair of Lucid Nightmares dei Pissboiler)


Trovo che uno degli aspetti più difficili ed insormontabili, nel mondo della musica, sia quello di rompere con i preconcetti. Generalmente si tende a mettere delle etichette su tutto, cercando così di limitare ad un terreno conosciuto quello che si ascolta. E' qualcosa che capita sempre, come se si dovesse per forza associare le cose, senza lasciare alcun spiraglio ad altri tipi di creatività. Per quello quando vengono fuori degli sforzi che rompono queste dinamiche bisogna essere sempre riconoscente e felice. Sono questi gli sforzi di rottura e costruzione, sono questi gli sguardi che si rivolgono all'evoluzione e alla voglia di continuar a costruire un linguaggio musicale inarrestabile.

Molto onestamente devo affermare che uno dei generi musicali che mi è più difficile seguire più a fondo è il funeral doom. Non perché abbia delle caratteristiche più ostiche con rispetto a tante altre correnti musicali ma ben sì perché molto spesso mi sembra che sia un genere che rimane sempre congelato, che non offre niente di nuovo e che non ha abbastanza sfumature come per differenziare quello che fa una band di questo mondo piuttosto di un'altra. Per quello il primo LP degli svedesi Pissboiler mi sembra incredibilmente interessante. Questo disco, intitolato In the Lair of Lucid Nightmares, è un lavoro che per la prima volta mi porta ad ascoltare con entusiasmo questo genere. Ma occhio, il perché farà capire che è, da una parte, questo fascino è figlio di una piccola "trappola". E sì, perché non possiamo parlare di un disco "puro" ma dobbiamo fare i conti con un'insieme di generi che ruotano intorno al funeral doom senza posizionarsi mai dentro. Per lo tanto sì è possibile affermare si aver a che fare con un disco di quel genere ma non è possibile attribuirle quello'etichetta al 100 per 100. 
Per fortuna è così, perché dalla mia umile opinione ogni disco nuovo dovrebbe essere uno sforzo di novità, un regalo all'arte di nuove vie da percorrere e non un girare in tondo incessante. 

In the Lair of Lucid Nightmares

I generi che s'intrecciano in questo In the Lair of Lucid Nightmares sono il già ampiamente nominato funeral doom, il drone metal e lo sludge, quest'ultimo presente in modo più nascosto. Generi che sicuramente hanno delle caratteristiche facilmente associabili ma che non erano stati, molto spesso, messe insieme con nuove intenzioni. E' lì che radica il grande pregio dei Pissboiler. Il loro modo di scrivere e "raccontare" si dissocia da quello primordiale del loro genere di appartenenza e si avvicina molto di più ad un'oscura intimità che ha anche delle sfumature surreali. Musicalmente è una ricerca di bellezza dove in pochi riescono a scoprirla. E' uno sforzo profondo che si nutre della varietà delle tracce regalate da questo disco. E' una strada mai dritta dove ogni curva ci porta a scoprire nuovi paesaggi inaspettati. Grazie a questa dinamicità nulla rimane statico e quella qualità "melmosa" del funeral doom viene cancellata lasciando spiraglio al passaggio di nuovi impulsi.

Colorare il buio può sembrare un controsenso, un'utopia, un'azione priva d'intelligenza ed invece è uno sforzo bellissimo. Colorare il buio è imparare a giocare con certi colori, è sapere dosare la quantità di nero che si deve utilizzare. In the Lair of Lucid Nightmares è pieno di sfumature da scoprire piano piano, perché a prima sguardo potrebbe sembrare una macchia inerte ma dopo si svela un disco pieno di dettagli, molti dei quali fanno capire l'intelligenza della band che c'è dietro a questo lavoro. I Pissboiler non solo danno l'impressione di mettere dentro quello che amano ma sanno anche farlo in modo di essere sempre dinamici e mai scontati.

Pissboiler

Sono quattro le tracce di questo lavoro, quattro anime che si susseguono con molta naturalità. Per quello spendo qualche parola per ciascuna di loro.
Ruins of the Past potrebbe sembrare a tutti gli effetti un brano funeral doom ma sono le incursioni sludge e la ricerca di melodie che lavorano benissimo quelle che lo accrescono e lo rendono unico.
Stealth presenta la prima apertura veramente interessante di questo lavoro. E' un piccolo brano strumentale dove elementi post s'intrecciano lasciando chiaro che non c'è un'unica via percorribile.
Pretend it Will End è uno degli altri brani dove si capisce che l'intenzione della band è quella di costruire creazioni che non rimangano statiche. Per quello funeral doom, sludge e post metal sembrano tutti figli di una madre unica e lì dove uno non ci arriva ecco l'altro pronto a dare un contributo.
Il disco si chiude con Cutters ed è qua che un'altra anima prende il totale protagonismo. In questo caso è il momento del drone metal, delle lunghe distorsione di chitarra che sfidano le frequenze più basse per portarci su dei mondi che sono tutt'ora sconosciuti. 


In the Lair of Lucid Nightmares è uno di quei dischi che sorprende per tanti aspetti. Dobbiamo considerare che ci troviamo di fronte al primo LP dei Pissboiler ma la sicurezza e concretezza nelle idee che ne vengono espresse sembrano frutto di un perfetto intendimento tra i tre membri della band, tre musicisti con un'idea molto chiara: suonare tutto quello che amano racchiudendolo in un progetto unico. Bell'azzardo ma molto ben riuscito.

Voto 8/10
Pissboiler - In the Lair of Lucid Nightmares
Third I Rex
Uscita 25.12.2017

Pagina Facebook Pissboiler
Pagina Bandcamp Pissboiler

martedì 12 dicembre 2017

Ne Obliviscaris - Urn: in apparenza un mare bellissimo

(Recensione di Urn dei Ne Obliviscaris)


Qual è il formato perfetto nel rock o metal? Qual è la formazione ideale che una band deve avere per fare bella musica? Che strumenti non devono mai mancare? Queste domande sono il nulla, perché se la  musica ci indica qualcosa è che quando c'è talento ben poco importa come vengono fatte le cose, l'importante è farle. Sono anche gli scombussolamenti degli schemi quelli che hanno glorificato la carriera di tanti artisti. Viva dunque la sperimentazione, viva la voglia d'innovare quando ci hanno i mezzi artistici per farlo.

Molto spesso ci ritroviamo a meditare sul fatto che la musica è finita, nel senso che ormai tutto è stato invitato e l'evoluzione che viviamo non è che un rimescolare delle carte che ormai conosciamo molto bene. Io non credo che sia così, perché ancora ho la fortuna di emozionarmi di fronte a certi brani e a certi artisti che mi fanno ascoltare delle cose piene di gusto figlio della novità. Per quanto riguarda il disco del quale vi parlerò quest'oggi sembra essere abbastanza chiaro che la musica che lo compone nasce dalla necessità di esprimere con chiarezza certe idee partendo da elementi già ascoltati e conosciuti nella musica. Il disco in questione è Urn degli australiani Ne Obliviscaris. Dico e segnalo che la novità è limitata perché la costruzione dei brani della band sono senz'altro una ricerca dentro a dei campi già conosciuti, infatti la loro grazia non sta proprio dentro a quella che potremmo definire come un'aria moderna ma ben sì nel modo nel quale la band si nutre di una serie di caratteristiche che vengono processate in modo di dare un'identità unica. La musica della band prende le sembianze di un oceano nel quale confluiscono molti fiumi di caratteristiche diverse. Ed è proprio nel modo di vedere e vivere quest'oceano che sta la chiave di svolta. Come si sa bene l'acqua è un elemento complesso, vitale ma letale. Bisogna saper scrutare le acque prima di tuffarsi, in modo di capire esattamente dove e come nuotare.

Urn

Questa diventerà dunque, in qualche modo, una guida su come approcciarsi e nuotare dentro alle acque dei Ne Obliviscaris e in concreto in quello che è il loro ultimo lavoro Urn. La prima cosa da sapere è che si tratta di un oceano bellissimo, di acque cristalline. Ma occhio, il fatto che il fondale sia osservabile dalla superficie non vuol dire che non siano profondissime queste acque. Infatti è proprio così, se a un primo sguardo sembra semplice nuotare dopo ci si rende conto che un conto è quello che si vede, un altro è quello che è. L'oceano non più di acque ma di idee della band si alimenta di diverse fonti, fonti che dalla parte musicale hanno a che fare col progressive metal, col tech metal, con un certo tipo di symphonic metal e con altri elementi che possiamo unire nello extreme metal. Vale a dire una capacità preziosa e complessa di dominare il proprio strumento e metterlo in funzione al lavoro che tutti gli altri musicisti seguono. Questo disco richiede un certo livello esecutivo che non è alla portata di tutti. Poi c'è la parte più difficile che è quella di mettere insieme i pezzi per vedere con chiarezza qual è l'immagine che nasconde preziosamente il puzzle. Il lavoro che la band svolge in questo senso è un lavoro che ottiene dei notevoli risultati perché le costruzioni musicali sono solide, basate su fondamenta che reggono la maestosi degli adorni che non solo restituiscono delle realizzazioni massicce ma anche curate, belle e ricercate. Per quello ci sono diversi interventi affidati al violino, che incanta, per quello ci sono due voci in registri molto diversi, per quello la chitarra fa vedere tutta una serie di risorse, per quello le linee di basso non sono mai banali, per quello la batteria è una macchina che non si ferma mai.

Urn

L'ambizione deve essere alla pari della consapevolezza delle condizioni che ciascuno ha. Per quello Urn è un disco molto ambizioso. Le condizioni musicali degli Ne Obliviscaris sembrano non voler sapere di confini o di compromessi. Per quello la coabitazioni di tre o quattro generi è un atto naturale come quando osserviamo giorno dopo giorno un monumento maestoso. Ci sembra parte della nostra geografia urbana, di quello che è il nostro intorno. Ma se non ci fosse la nostra vita quotidiana perderebbe molto. 

Ne Obliviscaris

Pesco due brani da questo lavoro.
Il primo è  Libera (part 1) Saturnine Spheres. Brano d'apertura del disco che mette subito in chiaro le cose. Giri complessi ritmica e armonicamente, cambi costanti, voci che si giostrano il protagonismo, ingressi precisi e nostalgici di un violino scalpitante.
La seconda è Urn (part1)And Within the Void we are Breathless. Brano che permette di capire la concezione sonora della band, la voglia di giocare con gli elementi che compongono la loro musica fino a creare una costruzione unica. In questo senso è molto interessante vedere quello che fa il violino.



Urn ha un doppio sapore. Da una parte da l'impressione di essere di fronte a qualcosa di conosciuto e risaputo. Dall'altra c'è la sensazione di novità, di un modo unico di concepire e realizzare i brani che mettono in atto tutta la ambizione della band. I Ne Obliviscaris sanno che la costruzione di un linguaggio proprio inizia dove finisce quello che è stato fatto fino ad adesso.

Voto 8/10
Ne Obliviscaris - Urn
Season of Mist
Uscita 27.10.2017

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